Figure professionali

I tecnici veterinari, questi sconosciuti

< Torna al Sommario | Stampa articolo
 
 

In occasione dell'ultimo convegno nazionale Aivpa, lo scorso ottobre sono stata invitata come relatrice a un incontro Tecnivet sponsorizzato Eukanuba dedicato ai tecnici veterinari, figura professionale fino a quel momento a me sconosciuta, malgrado il mio continuo e costante contatto con colleghi universitari e liberi professionisti di tutta Italia.
Ho voluto così capirne un po’ di più ed ecco quanto ho scoperto.
Nel giugno 2006 nasce l'Atav (Associazione tecnici ausiliari veterinari), fondata da Irene Bendoni e Giulia Vitaliti, con l'obiettivo di riunire e rappresentare tutti i tecnici veterinari d’Italia nella lotta al riconoscimento legislativo di tale figura professionale. Nel 2009 alcuni membri di tale associazione decidono di separarsi e di fondare, nel febbraio 2010, un’altra associazione, la Tecnivet (Associazione per medici e tecnici veterinari), che ha come unico scopo il riconoscimento, l'affermazione e la tutela della categoria dei tecnici veterinari e che ha un comitato scientifico composto da diversi medici veterinari liberi professionisti e docenti universitari. La prima associazione rimane collegata alla Scivac, che le dà ufficialmente spazio per la prima volta in occasione del 65° convegno di Rimini nel 2010 con una sessione di aggiornamento dedicata, mentre Tecnivet, dopo aver organizzato in questi ultimi 2 anni una serie impressionante di incontri di aggiornamento di notevole qualità̀, spesso sponsorizzati da grandi ditte del settore (farmaceutico e mangimistico), si affianca ad Aivpa, che ufficialmente dal congresso di ottobre 2011 la prende sotto la sua ala.
Ma chi è un tecnico veterinario? Nel marzo 2010 l'Anmvi comincia a interessarsi a questa categoria elaborando una proposta di inquadramento professionale, da valutare insieme alla Fnovi: “Mentre l'Anmvi osteggia ogni iniziativa volta a far riconoscere in Italia la figura dell'infermiere veterinario con laurea breve”, si legge nel comunicato Anmvi del 9/3/2010, “al contrario vede in modo molto positivo il diffondersi di una figura professionale di supporto all'attività del veterinario senza che abbia però alcuna competenza medica. Questa figura dovrebbe essere chiamata ‘tecnico veterinario’, termine già utilizzato a livello internazionale soprattutto nei Paesi dove è già presente da tempo, dovrà certamente essere meglio definita per gli aspetti formativi e per le sue competenze, riconoscendo comunque la sua esistenza e necessità e dando una qualifica, e anche dignità professionale, ai tanti che og-
gi già svolgono questi ruoli in molte strutture veterinarie”. In effetti la figura del tecnico veterinario esiste già in moltissimi Paesi ed è ufficialmente riconosciuta come parte integrante della squadra di lavoro: mediante corsi accreditati lì il tecnico viene formato all'assistenza, al contenimento e alla manipolazione degli animali, conosce i principi base dei processi vitali fisiologici e patologici e sa eseguire svariate procedure cliniche e di laboratorio. Tutti i tecnici veterinari lavorano sotto la supervisione di un medico veterinario abilitato e non possono formulare diagnosi, prescrivere terapie, eseguire interventi chirurgici o esercitare qualsiasi altra attività espressamente vietata dalle leggi che disciplinano la professione veterinaria.

E in Italia? Chi oggi vuole diventare tecnico veterinario che strada deve intraprendere? Purtroppo esistono a oggi soltanto iniziative private, e molto costose, che prevedono discutibili percorsi formativi on line biennali e che rilasciano alla fine una sorta di diploma, che però non può essere riconosciuto in Italia. Un esempio è Abivet, una delle 20 scuole europee il cui obiettivo è la formazione di standard europei necessari a definire un livello di competenze professionali per tecnici veterinari, uguale in tutti i Paesi europei e che aderisce al progetto Pepas(Pan european assessment system for veterinary nurses) per la standardizzazione e la convalida reciproca degli esami in diversi Paesi europei; tale “scuola” propone un “corso di formazione on line per tecnici veterinari”, che, come si legge sul suo sito Web, è “il primo corso di questo tipo in Italia interamente on line che ti permette di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologieper conseguire una certificazione di competenze organizzandoti rispetto alle tue esigenze. Attraverso la piattaforma informatica, sarai seguito da insegnanti e tutor nel percorso che ti porterà al superamento dei test di valutazione previsti e dell'esame finale teorico-pratico”. Sostenendo una spesa di 4.000 euro (2.000 il 1° anno e 2.000 il 2° anno, più Iva) lo studente segue un programma di studi concepito sulla base d quello conforme ai requisiti previsti dall'unione Europea (Eurosyllabus) e dall'Avma (American veterinary medical associa- tion), affrontando materie che sono ben lontane da essere “non mediche”, come richiederebbe invece l'Anmvi: ne sono un esempio anatomia e fisiologia, patologia generale, patologia medica, malattie infettive e parassitarie, farmacologia... Sempre sul
sito si legge che “ogni insegnamento del corso è seguito da un docente titolare, rappresentato da insegnanti con notevole esperienza pratica, didattica e fortemente motivati”. Il corso prevede inoltre degli stagepratici (circa 500 ore) in varie discipline organizzati presso strutture veterinarie accreditate dalla scuola. Alla fine di questo percorso e dopo aver sostenuto l'esame finale, lo studente acquisisce il titolo di “tecnico veterinario”, paradossalmente riconosciuto a livello europeo ma non in Italia.
L’altra iniziativa privata è del Centro europeo di formazione della De Agostini, che propone il corso “Professionista Animal Care”, con una formazione comune per professionista animal care, interamente dedicata all'etologia comparata e all'anatomia e fisiologia animale, e addirittura 4 specializzazioni: assistente veterinario, toelettatore, educatore e addestratore, responsabile vendite petshop. Anche in questo caso viene fatto tutto a casa propria: come si legge sul sito, infatti, “l'approccio didattico è diretto e mirato allo studio individuale e non prevede quindi frequenza in aula. Partendo da una cultura di base senza bisogno di particolari prerequisiti, lo studente (l'aspirante professionista animal care) si trova a studiare su materiali di vario genere, unità didattiche e supporti multimediali complementari tra loro.

I contenuti teorici sono organizzati in pratici volumi autoconclusivi, che permettono una consultazione immediata degli argomenti (ad esempio unità teoriche che trattano la stessa materia sono suddivise e intercalate da altre unità preparatorie per l'approfondimento dell'argomento successivo); i materiali multimediali invece consentono di apprendere le tecniche pratiche attraverso la ripetizione video e la memorizzazione visiva”. A differenza dell'altro corso, questo non sembra prevedere una parte pratica, ma si legge che “a formazione conclusa ti supporteremo nella tua ricerca di uno stage, se lo vorrai”. Sul sito non sono riportati né il costo del corso né la sua durata, ma informandosi è possibile scoprire che anche questo corso dura 2 anni e il costo è di 2.000 euro. Alla fine lo studente riceve un “attestato privato di profitto finale per ogni specializzazione scelta”.

In questo caso la Fnovi ha preso posizione con una nota inviata alla De Agostini
in data 9/9/2011, nella quale si contestano diversi punti (veridicità dei contenuti, terminologia utilizzata, aspettative generate, contenuti didattici).
Alla fine di tutto ciò, ritengo giusto fare alcune considerazioni.

La prima che mi viene dal cuore è che non possiamo più continuare a far finta che il problema non esista o peggio ancora che non esista questa categoria (rappresentata da ben 2 associazioni di settore) e che in Italia il tecnico veterinario (assistente, ausiliario o infermiere veterinario, chiamatelo come volete) non avrà mai spazio visto l'elevato numero di veterinari neolaureati che non trovano lavoro e che svolgono mansioni analoghe a quelle dei tecnici ma sottopagati o addirittura gratuitamente. Come dicono gli stessi tecnici, la loro figura è complementare a quella del medico veterinario e non concorrenziale: se in una struttura veterinaria è presente la figura del tecnico, il veterinario lavora sicuramente meglio e neolaureati e studenti imparano di più.
Ritengo inoltre inammissibile che la formazione di una figura di questo tipo sia lasciata a iniziative private, la cui caratura scientifica non è sempre valutabile e i cui contenuti didattici sono spesso difficilmente controllabili: per questo motivo insieme al prof. Giorgio Poli, preside della Facoltà di Medicina veterinaria di Milano, questo argomento è stato portato all'attenzione dei colleghi milanesi in uno degli ultimi Consiglio di Facoltà e successivamente se ne è parlato anche a una delle ultime riunioni della Conferenza dei presidi. Nel 2003 la Facoltà di Bari aveva fatto un tentativo, con il suo corso di laurea triennale in “Scienze dell'allevamento, igiene e benessere del cane e del gatto”, che alla fine diplomava una nuova figura professionale, una sorta di anello di congiunzione tra veterinario, paziente e proprietario. Tale iniziativa è stata molto criticata ed è stata abbandonata. Presso la Facoltà di Medicina veterinaria di Udine c’è una laurea triennale in “Igiene e sanità animale con orientamento Assistente veterinario”, ma è un corso ad esaurimento. Solo presso la Facoltà di Medicina veterinaria di Teramo è attivata una laurea triennale in “Tutela e benessere animale”, che, soprattutto al terzo anno, dà una formazione che in parte ricalca quella attribuibile al tecnico veterinario... ma è troppo poco.
Il risultato della nostra assenza? Strutture private hanno avuto la strada spianata, non hanno perso tempo e fanno quello che io ritengo essere un nostro compito istituzionale non delegabile a nessun altro.
A mio parere ci dobbiamo riprendere il nostro ruolo di formatori... e senza perdere altro tempo.


■Paola Dall'Ara*


* Professore associato di Microbiologia e immunologia veterinaria,
Facoltà di Medicina veterinaria di Milano.

 
< Torna al Sommario | ^ Torna su | Stampa articolo