Unione europea: rinnovo della licenza per il glifosate


Dopo mesi di continui rinvii e di scontri a livello politico, l’Unione europea si è pronunciata ieri sulla questione glifosate: con 18 voti a favore, 9 contrari (tra cui quello dell’Italia) e un astenuto, gli Stati membri hanno approvato l’utilizzo del gliofosate per altri cinque anni.


“Accogliamo con grande soddisfazione la decisione – dice Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia – perché la scienza ha prevalso: non esistono prove sulla presunta nocività di questa sostanza che, anzi, permette di evitare l’utilizzo di altri prodotti chimici”. Il glifosate, infatti, è utilizzato nelle tecniche di agricoltura conservativa come semina diretta e minima lavorazione, perché apporta benefici come la riduzione delle emissioni di CO2, una minore erosione del terreno e un maggiore contenuto di sostanza organica.


“In Lombardia – continua Boselli – sono già vigenti forti limiti riguardanti il glifosate, che non viene usato nella fase di pre-raccolta, ma soltanto in quella di preparazione del terreno per la semina. In ogni caso – continua il presidente regionale – credo che si debbano utilizzare i prossimi cinque anni per fugare ogni dubbio, senza slogan, ma facendo parlare le evidenze scientifiche”.


Boselli si stupisce anche per le prese di posizione di Coldiretti contro l’utilizzo del glifosate: “Il presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo – spiega – è il vicepresidente del Copa Cogaca, l’organismo europeo che riunisce le organizzazioni agricole dell’Ue e che si è espresso chiaramente in favore del rinnovo della licenza per la sostanza: credo che ci sia una contraddizione evidente”.


Preoccupano, intanto, le dichiarazioni del Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che ha auspicato la totale eliminazione del glifosato dalle campagne italiane. “Credo – ha concluso Boselli – che si debba prendere atto della decisione europea e che si debba applicare nel nostro Paese senza ulteriori limitazioni: non servono pericolose fughe in avanti, dettate da motivazioni politiche e non da prove scientifiche, che rischiano di creare ulteriori difficoltà per le nostre imprese, mettendole nella condizione di non riuscire a competere con le altre aziende dell’Unione”.